sabato 28 dicembre 2013

Rubato dal blog Maelstrom... il diario della Battaglia di Trani alla quale partecipò anche Horst Fantazzini

… Dal luglio ‘77 fino alla battaglia, nel circuito speciale il kampo di Trani ha rappresentato “l’altra faccia dell’Asinara”. Qui, a differenza dell’Asinara, era attraversol’applicazione di norme riformiste che si tentava di pacificare e annientare politicamente i proletari prigionieri (P.P.).Quando parliamo di riformismo come forma e funzione dell’annientamento, intendiamo riferirci al modo in cui gli spazi e la conduzione “democratica”  del kampo da parte della Direzione, erano intesi solo ed esclusivamente al raggiungimento di un unico obiettivo: la differenziazione e la divisione dei P. P. … Trani è sempre stato il kampo in cui si è mantenuta una rigida divisione tra “comuni” e “politici”  confinati in piani diversi della sezione speciale. Il kampo a gestione scientifica, dove ogni minimo spazio di socialità interna veniva utilizzato per studiare in modo capillare le varie componenti …
Attraverso assemblee, riunioni, discussioni continue, mobilitazioni ed azioni di propaganda che hanno coinvolto ogni prigioniero e a cui ogni prigioniero ha dato il proprio contributo, si è giunti all’elaborazione del Comunicato n.1 attorno a cui si è costruito il CdL.  … La raggiunta unità e la conseguente costruzione del CdL è derivata, in primo luogo, dall’aver messo al centro della nostra iniziativa i contenuti politici che si erano espressi nella campagna (del Fronte Carceri delle BR con il sequestro D’Urso): LIBERAZIONE E GUERRA ALLA DIFFERENZIAZIONE. Tutta la nostra iniziativa è sorta attorno ad un programma politico di liberazione collettiva, programma costruito collettivamente, di cui la nostra battaglia è stato un esempio significativo, dimostrando contemporaneamente il livello politico-militare che oggi occorre affrontare e sostenere per praticare un progetto di liberazione. ..
- ore 14,00 – Il direttore Brunetti, il sostituto procuratore De Marinis e gli onorevoli Cioce e Scamarcio della Commissione Giustizia del Senato, vengono per parlamentare con noi. Gli  si fa presente la situazione dell’appuntato (ferito) Telesca, gli si ribadiscono i termini politici dell’operazione in corso e le condizioni per il rilascio delle guardie. Questi danno ampia assicurazione sul fatto che non ci sarà una soluzione di forza, ma si arriverà ad un epilogo basato sulle trattative. Mentre in realtà come Scamarcio stesso dichiarerà su Lotta Continua del 3.1.1981, era già stato deciso diversamente. L’obiettivo del MGG era quello di prendere tempo in modo da disporre le manovre politiche e i mezzi tecnici necessari all’attuazione dell’intervento dei GIS (Gruppi di Intervento Speciale dei Carabinieri). L’occupazione militare del kampo da parte del CdL, rappresentava un grosso successo per il movimento dei PP ed uno smacco per il nemico il quale, inizialmente, era rimasto disorientato e spiazzato politicamente e militarmente. Ciò lo costringeva a tentare di recuperare una parte della credibilità  perduta mediante un’avventura militare i cui esiti erano del tutto incerti e imprevedibili. Se questa avventura non si è trasformata in un massacro senza precedenti, non è certo dovuto all’efficienza e alla preparazione militare dei GIS e di chi aveva fatto la scelta politica di utilizzarli, ma esclusivamente all’intelligenza politica e al comportamento del CdL e dei PP, che pur subendo l’offensiva del nemico, hanno sempre  saputo mantenere saldamente il controllo della situazione.
- ore 16,20 – GIS, CC, AdC attaccano simultaneamente dall’alto (elicotteri) e dal basso, fregandosene della vita degli ostaggi. Il primo attacco alla rotonda del piano terra viene respinto dal lancio di una molotov e di una bomba al plastico. I mercenari attaccanti volano per aria. Apprendiamo in seguito che più di 20 resteranno feriti. A questo punto, davanti al cancello della rampa che immette sulla rotonda, vengono portati da noi due ostaggi, allo scopo di ricordare al nemico che non avremmo permesso un massacro senza adeguata rappresaglia. Nel frattempo i GIS sono calati sul tetto del carcere dagli elicotteri, mentre un elicottero copriva l’operazione sparando sui finestroni della rotonda del primo e secondo piano, in modo da impedire il presidio da parte dei proletari  prig. armati di bombe. Nelle rampe delle scale, inoltre, vengono fatte esplodere una serie di saponette di esplosivo davanti ai finestroni, di cui una davanti alla finestra della stanza del telefono dove la Direzione pensava fossero riuniti i responsabili del C.d.L.
C’è un terzo tentativo di irruzione dalla “rampa uno” del piano terra, tentativo che viene bloccato con la minaccia di una bomba. Mentre i CC  si ritirano dalla “rampa uno” , un gruppo di questi fa saltare il cancello della “rampa due” con una carica di esplosivo. Contemporaneamente a questi attacchi, il gruppo di CC calati sul tetto fa saltare la botola della scala a chiocciola che si affaccia sul cancello della rotonda del secondo piano. Coperti da raffiche, con una carica di esplosivo fanno saltare il cancello che immette nella rotonda del secondo piano. Intanto, al piano terra, tentano un’irruzione dalla “rampa uno”  ma vengono ancora fermati dal lancio di una bomba. A questo punto, però, il gruppo di CC che aveva attaccato la “rampa due” , riesce a salire con il lancio di bombe a mano e saponette di esplosivo fino al  primo piano. I proletari prigionieri incaricati della difesa del kampo cercano di ostacolare l’irruzione dei CC lanciando le ultime bombe al plastico nei corridoi in direzione del nemico.
Nel frattempo si decide di convogliare tutte le guardie prigioniere in un braccio del primo piano: l’irruzione dei CC sulla rotonda del primo piano interrompe questa operazione e divide le forze degli occupanti del kampo. Il nemico, dai cancelli delle tre scale, spazza con raffiche di mitra, colpi di fucile a pompa, bombe a mano SRCM, saponette al plastico, le rotonde del primo piano e del secondo e lo specchio dei corridoi; in tal modo i prolet. prig.  ed i compagni sono costretti a ritirarsi, divisi in quattro tronconi, nelle celle delle quattro sezioni, portando con loro le guardie prigioniere. Nel corso di questa operazione vengono colpiti alcuni prolet.prig. di striscio alla testa ed in pieno in vari punti del corpo. Anche una guardia prigioniera, in divisa, viene colpita all’addome da un colpo di mitra. Mentre procede l’avanzata dei mercenari  di Stato, di fronte alle minacce di rappresaglia sulle guardie prigioniere lanciate da alcuni prolet. prig., la risposta dei CC è chiara: “Abbiamo carta bianca, possiamo ammazzarvi tutti, guardie comprese”. In effetti questa affermazione viene avvalorata da numerosissime raffiche sparate ad altezza d’uomo e da un nutrito lancio di bombe a mano. Dopo essersi impossessati anche dei corridoi delle sezioni, i CC cominciano ad aprire le celle e a rastrellare con le armi spianate i prolet. prig.  e le guardie in ostaggio, sparando raffiche nelle celle non solo a scopo terroristico.
Scatta la rappresaglia del nemico: ad ogni singola cella, uno alla volta, i prigionieri vengono fatti scendere dalle sezioni fino ai cortili attraverso un imponente schieramento dei CC e Agenti di Custodia che con calci, canne dei fucili e dei mitra, spranghe di ferro, bastoni e manganelli, iniziano un pestaggio a sangue sui prigionieri. Il massacro è violentissimo e nei cortili dei passeggi saranno in pochissimi a reggersi in piedi alla fine del pestaggio. Moltissimi presentano ferite lacero-contuse alla testa e in varie parti del corpo, denti rotti, labbra spaccate, mani fracassate, costole rotte o incrinate ed un enorme numero di ematomi su tutto il corpo. Il pestaggio, oltre ad essere furioso ed interessare tutti i prigionieri, è anche selettivo, nel senso che all’uscita dalla sezione e all’ingresso dell’aria, vengono identificate secondo  una lista nominale, provvista di fotografia, dai CC e dai brigadieri degli A.d.C. che danno indicazioni sul “trattamento differenziato” da applicare a quelli compresi nella lista. Così i compagni ed i proletari più combattivi identificati nel corso della lotta come dirigenti, vengono minacciati di morte e massacrati con particolare ferocia ed accanimento.
“Appoggiamo incondizionatamente il programma e gli obiettivi che gli organismi di massa dentro le carceri si sono dati. Ad essi non accordiamo una generica ed inutile solidarietà a parole, ma continueremo su questo terreno l’attacco allo Stato Imperialista, perchè si rafforzi e consolidi il potere proletario armato nelle carceri e gli obiettivi del suo programma vengano raggiunti.
La lotta dei prolet. prig., il programma dei C.d.L. come avevamo già affermato, ci riguardano direttamente e riguardano anche il boia D’Urso. Siamo perfettamente d’accordo con i proletari di Trani quando dicono che D’Urso è anche loro prigioniero. Per quanto ci riguarda  abbiamo  già  emesso  un  giudizio,  secondo  i  criteri  della  giustizia  proletaria ed   esso   corrisponde   sicuramente   a   quanto   ogni   proletario   ha   già   decretato.

La condanna a morte di D’Urso è sicuramente giusta, ma l’opportunità di eseguirla o sospenderla deve essere valutato politicamente. Questo spetta, oltre che alle B.R., esclusivamente agli O.M.R. (Organismi di Massa Rivoluzionari) dentro le carceri. Ad essi solo spetta valutare gli obiettivi già raggiunti dalla battaglia fin qui condotta, ad essi la valutazione esatta dei rapporti di forza che hanno consentito una significativa avanzata nella realizzazione del programma immediato dei prolet. prig. Questa voce per decidere se eseguire o sospendere l’esecuzione di D’Urso, è l’unica che ci interessa sentire.
Vogliamo essere più espliciti: non deve essere impedito al C.d.L. di Trani e al C.U.C. (Comitato Unitario di Campo) di Palmi di esprimere integralmente, senza censurare nemmeno le virgole, le loro valutazioni politiche ed il loro giudizio.
Questo vogliamo sentirlo dai vostri strumenti radio-televisivi, leggerlo sui maggiori quotidiani italiani, così come avevano chiesto i proletari di Trani in lotta. La repressione e la chiusura nei confronti degli organismi di massa nei kampi, troverà da parte nostra la più dura e decisa opposizione e sapremo assumerci tutte le nostre responsabilità”.
In seguito a questo comunicato, nel kampo di Trani si presenta una commissione del Partito Radicale che, con la scusa di visitare i prigionieri per appurare le loro condizioni di salute, cerca di sondare il terreno per aprire una trattativa col C.d.L. allo scopo di mercanteggiare con questo la vita del boia D’Urso.
Qui si manifesta la totale ipocrisia da vecchia baldracca della borghesia che, prima attacca i proletari prigionieri con la sua mano militare e con la logica di annientamento, poi con la sua mano riformista-pacifica cerca di mendicare dal C.d.L. la liberazione di D’Urso. Ma anche la mano riformista-pacifica dei radicali, così come la mano armata dei GIS, non riesce ad ottenere l’effetto di disgregare la volontà e l’unità politica dei prolet. prig. del kampo. Le loro manovre politiche non hanno trovato alcuno spazio. La visita della delegazione radicale è stata una manovra dello Stato; come tale è stata accolta e considerata dal C.d.L.
Ovviamente, com’è uso di questi politicanti borghesi per ogni vicenda politica, anche questa è stata un’occasione per imbastire vari intrallazzi e colpi bassi di ogni genere, secondo il costume che caratterizza la lotta politica tra le varie consorterie del potere. Non è un caso che questa delegazione abbia usufruito a Trani di spazi di agibilità illimitati, come la possibilità di ritirare dalle nostre mani, con il benestare della direzione del kampo, il documento: “Bilancio di una settimana di lotta nel kampo di Trani”; tra l’altro, su nostra richiesta, la direzione ci aveva fornito -d’accordo col Ministero- di una macchina da scrivere per la stesura di questo documento. Mentre radicali e PSI cercavano di usare la delegazione dei parlamentari per i loro sporchi giochi, la forza del C.d.L. e l’omogeneità dei proletari riuscivano a ribaltare queste manovre e, inserendosi nelle contraddizioni del nemico, riuscivano ad operare per far uscire la loro voce e far conoscere le loro valutazioni sulla battaglia all’intero movimento rivoluzionario, con un comunicato di cui riportiamo il testo integrale:
… Il progetto di annientamento che la borghesia imperialista è andata sviluppando nel carcerario, dopo la battaglia dell’Asinara del 2 ottobre 1979, è stato quello di separare le avanguardie comuniste dal loro referente di classe, separare le varie componenti del movimento rivoluzionario, separare la parte più avanzata e più cosciente del proletariato prig. dal resto. Questa pratica di separazione avrebbe dovuto permettere, nelle intenzioni dei cervelloni dell’antiguerriglia, di analizzare e studiare ogni singolo militante o prigioniero, in quanto appartenente ad una Organizzazione Comunista Combattente o ad uno strato sociale antagonista, in modo da ricavare il maggior numero di dati e informazioni per annientare il gruppo o l’organizzazione di cui il singolo fa parte e attraverso ciò anche lo stesso compagno o prigioniero.

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